RESIDENZA FISCALE IN PORTOGALLO E PENSIONE DEFISCALIZZATA
Grazie a una convenzione internazionale stipulata tra Italia e Portogallo (Legge 16 dicembre 1982 n. 562), infatti, sarà possibile ricevere, per 10 anni, la pensione lorda, cioè, le trattenute relative all’IRPEF Vi verranno accreditate assieme alla pensione. La convenzione risulta essere interessante per i pensionati italiani, non solo per i vantaggi fiscali offerti ma anche per le condizioni economiche del paese. Secondo Numeo, infatti, si avrebbero bisogno di circa 2.629,914 euro a Lisbona per mantenere lo stesso stile di vita che si ha a Milano con 3.900,00 euro (es. un litro di latte costa 0,64 euro a Lisbona contro l’1,09 a Milano).
Il mix di costo della vita basso e le agevolazioni fiscali risultano essere, dunque, molto attraenti. Per poter, però, godere di questi vantaggi si devono soddisfare diversi requisiti. In primis bisogna essere considerati, dal fisco italiano, “residenti fiscali all’estero”.
Pensione esentasse e basso costo della vita: questo offre il Portogallo ai pensionati Italiani! Attenzione, però, non è tutto oro ciò che luccica. Ottenere lo status di “residente fiscale all’estero”, per avere accesso all’agevolazione portoghese, non è così facile. Le pratiche amministrative da sbrigare in Italia e in Portogallo presentano, infatti, diverse insidie e i tempi tecnici, senza le giuste "dritte" sono piuttosto lunghi.
Trasferimento della residenza all’estero
Per trasferirsi all’estero è bene appoggiarsi a professionisti in grado di fornire la giusta consulenza, al fine di non trovarsi, dopo qualche tempo con spiacevoli sorprese dal Fisco italiano.
I problemi sorgono nel momento in cui l’Amministrazione finanziaria potrebbe contestare l’effettività di tale trasferimento: questo è sostanzialmente il punto fondamentale della questione, che riguarda appunto i profili probatori dello spostamento di residenza.
Un trasferimento della residenza all’estero effettuato con leggerezza, pur senza dolo, può comportare spiacevoli inconvenienti di natura fiscale.
Negli ultimi anni, infatti, l’Agenzia delle Entrate e la Guardia di Finanza hanno incrementato la vigilanza sui soggetti che tentano fittiziamente di trasferire la propria residenza all’estero con l’intento di sottrarre materia imponibile alla tassazione italiana.
La tassazione di un soggetto fiscalmente residente in Italia (ancorché lavori o viva all’estero) è infatti diversa da un soggetto fiscalmente non residente. Nel primo caso il contribuente è soggetto alla c.d. “worldwide taxation“ (sono tassati in Italia i redditi ovunque prodotti dal contribuente in quell’anno solare), mentre nel secondo caso il soggetto non residente è tenuto a dichiarare in Italia, e quindi a tassare soltanto i redditi ivi prodotti.
La residenza fiscale dei contribuenti
Per capire quale il modo giusto di procedere per evitare possibili contestazioni fiscali, bisogna innanzitutto ricordarsi il concetto di residenza fiscale, che si noti bene, diverge da quello conosciuto ai fini civilistici. Ai fini delle imposte sui redditi, infatti, si considerano residenti in Italia (articolo 2 comma 2 del Tuir) le persone fisiche che per la maggior parte del periodo d’imposta (183 giorni sui 365), anche non continuativamente, vedono verificata una delle seguenti condizioni:
- 1. Iscrizione all’anagrafe della popolazione residente– è tassato sulla base del reddito mondiale anche colui che trasferisce la propria residenza all’estero, salvo si ricordi di cancellare la propria precedente residenza anagrafica italiana;
- 2. Individuazione nel territorio Italiano del proprio domicilio– il domicilio fiscale rappresenta il centro principali dei propri affari e interessi, tuttavia l’elemento principale da prendere in considerazione è il centro dei propri affetti personali, cosicché, nel caso di contrasto tra legami economici e familiari, ai fini della determinazione del Paese di residenza del soggetto passivo, deve conferirsi prevalenza a questi ultimi;
- 3. Individuazione nel territorio Italiano della propria residenza– in questo caso la residenza coincide con la dimora abituale del soggetto. Se infatti, risultano intestate al soggetto passivo utenze domestiche nel nostro Paese è difficile che questi possa dimostrare di essere un residente all’estero.Il contribuente, quindi, che intenda effettuare il trasferimento della residenza fiscale in un Paese diverso dall’Italia, sapendo o ipotizzando di dover rendere conto all’Amministrazione finanziaria (nel caso di trasferimento in uno Stato a fiscalità privilegiata con onere probatorio a suo carico, ma anche in caso di accertamento con onere probatorio assolto dall’Amministrazione per contraddire tale assunto), può organizzare le proprie attività in modo da comprovare l’effettività del proprio trasferimento di residenza, e quindi svolgere a tale scopo un’opera di precostituzione della prova.
Effettività del trasferimento della residenza all’estero
Il Ministero delle Finanze, con la Circolare n. 304/E/1997, ha provveduto all’indicazione di alcune linee guida per l’attività di controllo nei confronti dei cittadini italiani emigrati all’estero e quindi per l’accertamento dei requisiti per la qualificazione di soggetto “fiscalmente residente” in Italia.
Nella circolare sono illustrati i principi generali, in ordine al quadro normativo di riferimento, da tenere in considerazione al fine di verificare la sussistenza di elementi certi e concreti ai fini dell’accertamento dell’effettiva residenza fiscale in Italia, indipendentemente dalle risultanze anagrafiche. Essa dovrà quindi rappresentare un vademecum di base cui il soggetto trasferito all’estero dovrà fare riferimento.
Cancellazione dall’AIRE
Il primo adempimento che il contribuente deve fare per avvalorare il trasferimento della residenza fiscale all’estero è la propria cancellazione dall’Anagrafe della Popolazione Residente e la contestuale iscrizione all’Anagrafe Italiani Residenti all’Estero (AIRE). Tale adempimento rappresenta una condizione necessaria per far valere il trasferimento stesso, anche se, non sufficiente, poiché essa deve pur sempre corrispondere alla situazione effettiva. L’iscrizione all’AIRE è un diritto/dovere del cittadino e costituisce anche il presupposto per usufruire di una serie di servizi forniti dalle rappresentanze consolari all’estero, nonché per l’esercizio di alcuni diritti (ad esempio, la possibilità di votare per elezioni politiche e referendum per corrispondenza nel Paese di residenza).
Devono iscriversi all’AIRE i cittadini che trasferiscono la propria residenza all’estero per periodi superiori a 12 mesi; allo stesso obbligo soggiacciono quelli che già vi risiedono, sia perché nati all’estero, sia per successivo acquisto della cittadinanza italiana a qualsiasi titolo.
L’iscrizione all’AIRE è effettuata a seguito di dichiarazione resa dall’interessato all’Ufficio consolare competente per territorio entro 90 giorni dal trasferimento della residenza e comporta la contestuale cancellazione dall’Anagrafe della Popolazione Residente (APR) del Comune di provenienza.
L’effetto più importante dell’iscrizione all’AIRE è che i soggetti iscritti in questa Anagrafe non sono tenuti a dichiarare in Italia i redditi prodotti all’estero, in quanto residenti momentaneamente in altri Stati nei quali svolgono con carattere di durevolezza la loro attività lavorativa.
La mera cancellazione dall’Anagrafe della Popolazione Residente e la conseguente iscrizione all’AIRE non costituisce tuttavia elemento determinante per escludere il domicilio o la residenza nello Stato, ben potendo questi ultimi essere desunti con ogni mezzo di prova, anche in contrasto con le risultanze dei registri anagrafici.
Il soggetto che ha stabilito la propria dimora abituale all’estero senza aver provveduto, anche per mera dimenticanza, alla cancellazione dall’Anagrafe dei residenti, è considerato per presunzione assoluta residente nel nostro Paese.
Il fascicolo probatorio del contribuente
Il secondo passo da effettuarsi, per dimostrare l’effettività del trasferimento della residenza, è costituito dalla precostituzione della prova atta a dimostrare, conformemente alla disciplina dell’articolo 2, comma 2, del Tuir, l’effettività del trasferimento, oltre all’interruzione di significativi rapporti con lo Stato italiano.
La prova che il contribuente deve raccogliere sarà sostanzialmente quella di natura documentale.
Perciò, nella precostituzione del fascicolo sarà utile fare molta attenzione a che i documenti contengano elementi precisi e concordanti ai fini della prova che si vuole fornire, che deve essere quanto più prossima all’incontrovertibile. Da precisare che la prova della residenza deve comprendere sia il fatto oggettivo della stabile permanenza in quel luogo, sia l’elemento oggettivo della volontà di rimanervi, la quale, estrinsecandosi in fatti univoci che evidenziano tale intenzione, è normalmente compenetrata nel primo elemento.
Si considerano fiscalmente residenti in Italia i soggetti che, pur avendo trasferito la propria residenza all’estero e svolgendo la propria attività fuori dal territorio nazionale, mantengano, il centro dei propri interessi familiari e sociali in Italia.
Tutti e i requisiti ex articolo 2, comma 2, del Tuir devono risultare combinati con l’elemento temporale che è integrato dal perdurare delle situazioni giuridiche “per la maggior parte del periodo d’imposta” (183 giorni nell’arco di un anno solare, che diventano 184 qualora l’anno fosse bisestile).
L’Amministrazione finanziaria ha precisato che il computo dei giorni ai fini della verifica della permanenza in Italia deve essere effettuato tenendo presente il numero di giorni di presenza fisica, anche non continuativi.
Strumenti di prova nel trasferimento della residenza
Il cittadino che deve provare il trasferimento della residenza all’estero, può utilizzare ogni mezzo di prova di natura documentale o dimostrativa idoneo a stabilire, secondo i criteri dettati dalla stessa Amministrazione finanziaria:
La sussistenza della dimora abituale nel Paese estero;
La sussistenza della dimora abituale nel Paese estero del coniuge e dei figli;
La residenza nel Paese estero del coniuge e dei figli;
L’iscrizione e l’effettiva frequenza dei figli presso istituti scolastici di formazione del Paese estero;
Lo svolgimento di un rapporto lavorativo a carattere continuativo, stipulato nello stesso Paese estero;
L’iscrizione ad associazioni o circoli sportivi o ricreativi nel Paese estero da parte del soggetto trasferito o dei familiari;
L’esercizio di una qualunque attività economica con carattere di stabilità;
La stipula di contratti di acquisto o locazione di immobili residenziali, adeguati ai bisogni abitativi nel Paese di immigrazione;
L’esistenza di fatture o ricevute di erogazione di acqua, gas, luce, telefono e di altri canoni tariffari, pagati nel Paese estero;
La titolarità nel Paese estero di un conto corrente e la movimentazione dello stesso;
La titolarità di partecipazioni o strumenti finanziari del Paese estero;
La movimentazione a qualsiasi titolo di somme di denaro o di altre attività finanziarie nel Paese estero;
L’eventuale iscrizione nelle liste elettorali del Paese di immigrazione;
In presenza di immobili sia in Italia che all’estero, la rilevazione dalle utenze di consumi minimi nel nostro Paese e consistenti all’estero;
L’assunzione di incarichi in società estere;
La titolarità nel Paese estero della proprietà di auto o altri mobili registrati;
La titolarità nel Paese estero dell’assicurazione auto e di parcheggi per i residenti;
La corresponsione dell’abbonamento TV e di una tassa assimilabile all’Imu nel Paese di immigrazione.
L’elencazione non è esaustiva, ma al fine della prova della residenza può essere utilizzato qualsiasi mezzo idoneo a provare l’effettivo trasferimento.
Deve essere provata la mancanza nel nostro Paese di significativi e duraturi rapporti di carattere economico, familiare, politico e sociale, culturale e ricreativo. Quindi ai fini della della precostituzione della prova in caso di trasferimento della residenza fiscale è utile la cessazione dei suindicati rapporti con l’Italia o, qualora continuino a sussistere in maniera attenuata, provvedere a renderli quanto più possibile meno apparenti. Ove possibile e necessario, si potrà quindi a tal fine raccogliere ogni elemento probatorio di natura dimostrativa-documentale atto a fornire la prova negativa della sussistenza di elementi di collegamento con l’Italia, quindi ad esempio:
Della residenza italiana del coniuge o dei figli;
Della presenza di unità immobiliari tenute a disposizione nel nostro Paese;
Dell’esistenza di atti di donazione effettuati in Italia;
Dell’esistenza di movimentazione a qualsiasi titolo di somme di denaro o di altre attività finanziarie in Italia;
Della titolarità di conti correnti alimentati con accrediti di ogni genere;
Dell’esistenza di atti di compravendita effettuati in Italia a proprio nome o per interposta persona;
Dell’assunzione di incarichi in società italiane;
Della titolarità in Italia del diritto di proprietà (ma anche possesso) di veicoli o altri mobili registrati;
Dell’iscrizione nel nostro Paese a circoli o clubs;
Dell’organizzazione della propria attività e dei propri impegni direttamente o attraverso soggetti operanti sul territorio italiano.
In definitiva, deve essere fornita dal contribuente la piena dimostrazione della perdita di ogni significativo collegamento con lo Stato italiano e la parallela controprova di una reale e duratura localizzazione nel Paese estero.
La valutazione da farsi, e che in concreto l’Amministrazione finanziaria andrà ad eseguire, sarà afferente la prevalenza: si dovrà valutare se prevalgono gli elementi di collegamento con lo Stato estero di cui si assume essere effettivamente residenti, oppure prevalgono gli elementi di collegamento con l’Italia.
Consigli per trasferirsi all’estero in modo sicuro
Sono sempre più gli italiani che scelgono di fissare all’estero la propria residenza fiscale, spinti da motivi economici, lavorativi o personali, oppure semplicemente per minimizzare il gravoso carico fiscale presente nel nostro Paese. Purtroppo tale fattispecie costituisce una delle principali tipologie di evasione fiscale internazionale, così come sottolineato dall’Amministrazione finanziaria nella Circolare n. 257/E/2013.
Per questo motivo è opportuno portare a vostro favore quanti più elementi probatori possibili. Nel caso in cui stiate per effettuare il trasferimento della residenza all’estero, per periodi più o meno lunghi, è necessario seguire le seguenti regole per non avere spiacevoli inconvenienti di natura fiscale:
Affidarsi a professionisti in campo legale e fiscale esperti nel settore (specialmente se avete una partita Iva o una società ancora attiva in Italia);
Cancellazione dall’anagrafe della popolazione residente;
Iscriversi all’AIRE;
Dichiarazione dei redditi – se mantenete in Italia redditi, o immobili, i redditi percepiti devono comunque essere soggetti a tassazione italiana, quindi è necessario presentare la dichiarazione dei redditi;
Gli spostamenti in Italia – tenere traccia di ogni vostro spostamento o soggiorno in Italia diventa fondamentale per dimostrare al Fisco che voi risiedete effettivamente all’estero per la maggior parte del periodo d’imposta.